Gli aceti, fra nobiltà, sfiziosità e sperimentazione

Avatar photo Marilde Motta9 Ottobre 2025
Aceto di riso De Nigris

Per il dizionario merceologico l’aceto non è altro che il liquido che si ottiene dal lavoro dei batteri (genere acetobacter) in presenza di aria e una serie di altri composti, in particolare etanolo, se si sta cercando di ottenere l’aceto partendo dal vino. Probabilmente è il condimento più conosciuto e utilizzato in cucina non solo in Europa giacché l’aceto di vino condivide la sorte delle produzioni vinicole in tutto il mondo e ha ormai una storia millenaria, ma tutt’altro che ferma nel tempo. Anzi è proprio da un condimento così storicamente noto e ampiamente diffuso che si possono trarre alcune indicazioni di come evolvono i gusti di consumatori curiosi, sperimentatori e talvolta imprevedibilmente snob, ma anche di come l’industria e piccoli produttori artigianali riescano a fare innovazione sulla materia prima e sulla struttura del prodotto (liquido, solido, perle). All’aceto va pure ascritto il merito di aver dato impulso al packaging design per il vetro con bottiglie originali, con sistemi di chiusura, dosatori e etichette che raccontano storie di innovazioni tecniche e creatività.

Qualche dato
Se l’aceto di vino comune, tanto per intenderci quello per condire l’insalata, scorre a fiumi (dato del 2023 di Gruppo Aceti di Federvini: i litri prodotti in Italia sono stati circa 68 milioni), con una preferenza per quello da vino rosso sul vino bianco. Dagli anni ’90 l’aceto di vino non si trova più da solo sugli scaffali della distribuzione, ha dovuto fare spazio all’aceto di mele (quasi 9 milioni di litri prodotti nel 2023) che a sua volta si fregia di definizioni come balsamico, biologico, vegano. In pratica in questi ultimi trent’anni gli aceti si sono molto diversificati e, in tempi più recenti, hanno attinto alle cucine asiatiche (aceto di riso e di cocco), ma soprattutto si sono moltiplicati sia partendo dalla materia prima (come le pere e altra frutta, il miele, il malto) sia rafforzando la percezione olfattiva e gustativa con il ricorso agli aromi (strada questa già percorsa dagli oli d’oliva).

L’antica tradizione
Se si sale di qualità organolettica e si cercano esperienze gustative superiori, si approda al balsamico con complessivamente 7 milioni di litri prodotti, ma sarebbe necessario fare dei distinguo. Sul termine balsamico, in uso da secoli, è intervenuta l’Unione Europea a mettere ordine, per cui c’è l’Aceto Balsamico di Modena igp (marchio di tutela ottenuto nel 2009), l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena dop, l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia dop. I relativi disciplinari fanno la differenza per quanto attiene la materia prima, le metodologie di produzione, invecchiamento, commercializzazione e, a questo fine, il packaging ha un ruolo determinante per creare riconoscibilità. Ogni consorzio ha adottato un proprio modello di bottiglia in vetro. Nei loro siti web, i consorzi elencano le aziende associate e offrono al consumatore una messe di informazioni utili per conoscere la specificità di questi prodotti. La loro differenza è segnata anche dal prezzo che, forse, è il più evidente elemento che cattura l’occhio del consumatore, ancor prima del palato.

Packaging registrato per il dop di Reggio Emilia e quello di Modena
Aceto Balsamico di Modena igp

Se questa è l’eccellenza con profonde radici nella tradizione, esiste però un consumatore che si riconosce nel “vorrei ma non posso” a cui viene incontro una produzione nazionale e internazionale che vede l’aggiunta di caramello per conferire il tipico colore bruno, mentre parametri che per dop e igp sono punti di forza e di identificazione precisi (come invecchiamento, densità, acidità, viscosità) passano in second’ordine o scompaiono, si tratta in pratica di prodotti industriali realizzati su vasta scala praticamente in tutti i paesi che hanno una consolidata produzione vinicola. A fronte di una produzione industriale standardizzata, stanno però emergendo alcuni produttori nazionali che hanno scelto di realizzare aceti premium partendo da vini doc, igp, igt la cui denominazione viene riportata in etichetta per contraddistinguerli.

Aceto di vino da Chianti di Ponti 1787

Comunque, fin qui siamo nell’ambito della diversificazione che include prodotti di eccellenza, referenze nella fascia premium e, a discendere, altre di larghissimo consumo alla portata di tutti (non dimentichiamo che ci sono anche sotto prodotti dell’aceto che vengono utilizzati come disinfettante e per detersivi).

Le alternative
Le vere alternative da trovare a scaffale nella gdo arrivano da tutte le altre materie prime da cui si può ricavare l’aceto (in primis le mele che hanno rotto il “monopolio” dell’aceto di vino) e sono davvero tante. Va notato che però gran parte di queste alternative non passano ancora dalla grande distribuzione, ma da ecommerce e da circuiti alternativi, ossia negozi specializzati in prodotti bio e vegan, farmacie, erboristerie e persino da Bangla market. L’aceto è un microcosmo che ci consente di fare alcune considerazioni su come cambiano i gusti, sulla capacità di accogliere le proposte di altre culture, sulla curiosità di un consumatore che è abituato a viaggiare, sull’accettazione di regimi alimentari vegani e vegetariani che cambiano di molto le preferenze e le scelte di acquisto.

Il fenomeno in atto da più tempo, fra le cucine estere ormai incluse abitualmente nel proprio lifestyle, è rappresentato dal sushi. Con il dilagante successo dei sushi bar e della cucina giapponese (o per meglio dire “ad imitazione” giapponese, ma questo aspetto meriterebbe un dibattito dedicato) si è scoperto l’aceto di riso, ampiamente prodotto in Italia così come in tutto il Sud-Est Asiatico. Se l’ecommerce mette a disposizione quello originale giapponese ad adeguati prezzi elevati, è a Catania, nell’emporio Cristaldi, che si può fare una inusitata full immersion davvero internazionale e non solo per le tante tipologie di aceto. Cristaldi è il tipico esempio di negozio che comprende e interpreta i gusti curiosi di una generazione di consumatori aperti a esperienze di sapori inediti e a prodotti di altri paesi. Un altro esempio di azienda che da alcuni decenni è attenta a questa fascia di consumatori è Probios (che detiene alcuni marchi fra cui Baule Volante e La Finestra sul Cielo).

Acidulato di riso Kyushu di La Finestra sul Cielo

L’acidulato di riso, tipico dell’isola Kyushu, viene prodotto dalla fermentazione del riso in otri di terracotta fino al lungo processo di trasformazione in aceto. È prodotto in Giappone e importato e distribuito da La Finestra sul Cielo.
Continuando l’excursus sugli aceti alternativi, vi è l’aceto di cocco biologico con madre, non filtrato e non pastorizzato, ottenuto dal nettare dei fiori del cocco con fermentazione naturale di 8-12 mesi proposto da Probios.

Aceto di cocco di Probios

L’aceto di cocco, prodotto anche dalla linfa, fa parte della cucina indiana, ma è comune in altre aree dell’Asia. Nonostante le vaste piantagioni di cocco in Nigeria e altri Paesi africani alla stessa latitudine, non si produce ancora aceto, ma è invece comune l’olio di cocco sia liquido sia solido. Una situazione che presto o tardi sarà colmata giacché in Nigeria si sta sviluppando un’industria alimentare basata sul cocco.
L’aceto di melograno ci riporta in Italia e alla nozione di functional food da applicare ai condimenti, dove anche nelle poche gocce che cadono sull’insalata o su preparazioni più complesse si vogliono ritrovare benefici salutistici (nel caso del melograno conta l’elevata quantità di potassio).

Aceto di melograno di Baule Volante

Molti degli aceti alternativi (che scelgono anche come canale di distribuzione la farmacia e l’erboristeria) mettono in evidenza il duplice vantaggio che offrono: salutistico e gustativo. Così nella materia prima da cui si ricava l’aceto si cercano gli elementi che contribuiscono al benessere fisico (in particolare calcio, magnesio, potassio e altri sali minerali) come se si trattasse di un alimento quotidiano invece di un condimento da utilizzare occasionalmente solo su alcuni piatti.
Discorso diverso per l’aceto di pere, uva passa e datteri (provenienti dalla Turchia, ma utilizzati in tutto in Medio Oriente) di cui si apprezza l’alto contenuto zuccherino, così più che sul versante salutistico si approda a quello della golosità e ad usi creativi in cucina.

Aceto liquido o solido?
La materia prima originale ormai conta tanto quanto la consistenza che l’aceto assume, accanto a quello liquido, è stato ideato quello cremoso, in perle, in polvere, in glassa sciropposa e in altre forme che hanno lo scopo di “fare scenografia”, ossia guarnire piatti e dare loro un aspetto da ristorante stellato anche quando escono dall’angolo cottura di casa.

Aceto in perle dell’Acetificio Andrea Milano
Parpaccio Mengazzoli aceto solido

 

Il dono dell’aceto

Se mi è consentito parafrasare l’opera dell’antropologo Marcel Mauss “Essai sur le don”, ecco l’aceto compie anche quest’ultima trasformazione in dono di valore con la funzione di rimarcare la superiorità del donatore sul ricevente e scatenando il contro-dono antagonista. Ormai l’aceto nelle sue forme più nobili e creative appartiene al genere di doni alimentari di valore intrinseco (a volte molto elevato) che sostituiscono altri beni per perseguire lo scopo di rimarcare legami e rapporti.

Selezione di aceti Pojer e Sandri

 

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Marilde Motta

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