Il retailer onnisciente di Deloitte

Avatar photo Daniele Tirelli20 Dicembre 2022

Riprendendo una ricerca recente della Food Industry Association, Danny Edsall, Global Grocery Leader di Deloitte, sta proponendo alla business community USA

il nuovo concetto di  Omniscient Grocer,

che dovrebbe andare oltre lo stupefacente progresso di digitalizzazione frutto dell’accelerazione dettata dal COVID. Spinti dalla pandemia i distributori americani hanno messo in opera servizi anytime/anywhere, che ormai pervadono quasi del tutto il comparto grocery e nel prossimo futuro avranno a disposizione una serie di ricadute molto promettenti.

Ovviamente, l’onniscienza dei retailer, per quanto possa essere data-driven, resta un’iperbole carica di suggestioni, che confligge con la consapevolezza evidenziata da F.Hayek e A.Alchian circa la ineluttabilità dell’incertezza nelle decisioni imprenditoriali, e ciò proprio a causa della natura stessa informazione socio-economica, della sua dispersione e della sua limitatezza.

Tuttavia, ciò non toglie che il concetto enunciato da Danny Edsall offra spunti molto interessanti poiché, grazie al quasi-completamento della copertura dei sistemi informativi delle insegne americane più avanzate (94% di mobile payments ; 96% self-checkout, per fare alcuni esempi) è oggi possibile passare alla fase post-digitale, che Deloitte ha chiamato “age of with”.

Sebbene, com’è ovvio, il dettaglio di questo programma sia coperto da una certa riservatezza, si può intuire che la prospettiva così descritta è di creare valore attraverso la conoscenza mirata della clientela. Da questa base si tratta poi di generare un’offerta di beni e servizi, che mi pare di capire, dovrebbe essere atta a creare la sua stessa domanda.

In breve, proprio partendo dagli effetti di lungo termine della digitalizzazione e della relativa creazione d’informazione di natura diversa dal passato, si può pensare ad un cambio di quel paradigma epocale che ha governato, per tutto il XX° secolo, il commercio al dettaglio dei beni di largo consumo.

Quel paradigma partiva dall’assunto che la conoscenza del consumatore, cioè la figura che riassumeva in sé l’agente economico sul lato della domanda, nonché la decodifica delle sue motivazioni e dei suoi comportamenti, fossero compiti affidati all’industria dei beni di consumo.

Dalle esperienze pionieristiche di Ernst Ditcher negli ultimi anni ’30, ad oggi, si è dato cioè per scontato che capire bisogni e desideri dei fruitori ultimi dei prodotti di consumo fosse compito pressoché esclusivo del marketing dell’industria di marca.

Il progresso tecnologico accelerato dalle recenti mutate condizioni socio-ambientali spinge invece (nei casi virtuosi)  l’azienda distributrice – dice Edsall – a diventare un’azienda altamente tecnologica, che punta a  evolvere lungo tre dimensioni: essere ovunque, essere consapevole delle esigenze degli acquirenti e capace di “prendersi cura” della loro soddisfazione.

Se ben comprendo, allora non si tratta di vendere per vendere, anonimamente, ogni qualvolta possibile,  ma piuttosto di soddisfare il cliente, magari vendendo meno (dal punto di vista meramente monetario), ma meglio, aumentando così il valore reciprocamente scambiato nel tempo a venire e in modo più stabile e duraturo.

In passato, gli elementi chiave per il successo di un retailer erano la giusta ubicazione del punto di vendita, l’accessibilità economica (ovvero contenimento dei costi e dei prezzi attraverso la maggior produttività) e la selezione dei prodotti, cioè gli assortimenti più profittevoli, dice Edsall.

Oggi, per le ragioni già dette, l’ubicazione del punto di vendita perde importanza, costi e prezzi vengono anch’essi ricalcolati diversamente, gli assortimenti e le scorte (a seconda dei comparti) vengono ridefiniti dal mix  fisico-digitale.

Il vantaggio deriverà, allora, dall’essere “onnisciente” e dalla capacità di adeguare tutta l’organizzazione aziendale alla rete di relazioni che si stabilirà con ciascun individuo.

Quando scrivevo, diversi anni fa,  la prefazione a “Loyalty Marketing”, il libro di Brian Woolf che ha ispirato molti programmi di fidelizzazione italiani, in fondo, pensavamo in modo abbastanza nebuloso a ciò che oggi, invece, sembra prendere corpo molto più concretamente.

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Daniele Tirelli