Growee Foods e la strategia del “clean label” nel mercato plant-based

Avatar photo Loris Tirelli31 Ottobre 2025

Growee Foods si presenta con un messaggio che capovolge le convenzioni del settore alimentare a base vegetale. Mentre la maggior parte dei produttori punta su formulazioni sempre più complesse per imitare carne e latticini, questa azienda dichiara di voler tornare a ingredienti semplici e riconoscibili.

La critica al plant-based tradizionale – Il mercato dei sostituti vegetali si è sviluppato attraverso un progressivo perfezionamento tecnologico. Prodotti come Beyond Meat e Impossible Foods hanno investito nella ricerca per replicare il sapore, la consistenza e il processo di cottura della carne. Il risultato è l’uso di alimenti ultraprocessati che utilizzano additivi, proteine isolate e ingredienti come la metilcellulosa per ottenere caratteristiche organolettiche specifiche.

Growee Foods definisce questo approccio un’«imitazione vegetale” che avrebbe smarrito il contatto con gli ingredienti naturali. L’azienda propone invece prodotti a base di verdure fresche, semi di girasole, spezie e succhi di frutta, evitando formulazioni che richiedono ingredienti chimici o processi industriali complessi.

Posizionamento per contrasto – La strategia dell’azienda è un esempio di posizionamento basato sull’opposizione. Mentre il settore plant-based si muove verso una crescente complessità, Growee Foods si posiziona esplicitamente contro tale tendenza.

Lo slogan “Shouldn’t plant-based foods be natural?” non è solo una dichiarazione di prodotto ma una critica strutturale all’industria. L’azienda suggerisce che la categoria si sia allontanata dai principi originari del movimento controculturale vegetariano: quando osservare le etichette di prodotti vegani richiedeva conoscenze di chimica alimentare per decifrare ingredienti come metilcellulosa, isolati proteici e aromi naturali non specificati, il messaggio implicito è che qualcosa non funziona.

Questo approccio consente di intercettare un segmento specifico: consumatori plant-based delusi dalla complessità dei prodotti disponibili. Si tratta di individui che hanno adottato diete vegetali per ragioni etiche o salutistiche, ma provano diffidenza verso alimenti che percepiscono come artificiali, nonostante la loro origine vegetale.

Il paradosso del “naturale”

La posizione di Growee Foods solleva questioni complesse sulla definizione di “naturale” nel contesto alimentare. Qualsiasi prodotto confezionato richiede processi di trasformazione: cottura, conservazione, stabilizzazione. Anche gli ingredienti semplici subiscono trattamenti che li allontanano dallo stato originario.

La categoria “clean label” non ha definizioni legali precise. Si basa principalmente sulle percezioni del consumatore, anziché su criteri scientifici oggettivi. Un prodotto può essere considerato “pulito” se l’etichetta riporta termini familiari, ma ciò non garantisce necessariamente vantaggi nutrizionali o ambientali rispetto ad alternative più processate.

Rischi e opportunità commerciali – La strategia di Growee Foods presenta vantaggi e limiti evidenti. Dal lato positivo, intercetta una domanda reale di trasparenza e di semplicità nel plant-based. I consumatori che hanno abbandonato i sostituti vegetali per l’eccesso di processazione rappresentano un mercato accessibile.

Tuttavia, ridurre la complessità degli ingredienti significa spesso rinunciare a caratteristiche organolettiche che hanno permesso al plant-based di espandersi oltre la nicchia vegetariana. I prodotti ultraprocessati come Impossible Burger hanno conquistato anche consumatori onnivori proprio grazie alla somiglianza con la carne. Un ritorno alla semplicità potrebbe limitare l’appeal a chi cerca alternative convincenti.

Inoltre, il posizionamento anti-establishment funziona finché l’azienda mantiene dimensioni contenute. Se Growee Foods dovesse crescere significativamente, la contraddizione tra la retorica anti-industriale e la realtà di produzione su larga scala diventerebbe evidente. La critica al sistema perde credibilità quando si diventa parte di esso.

Un dibattito più ampio – Il caso Growee Foods riflette tensioni più profonde nel mercato alimentare contemporaneo. La domanda di trasparenza, di ingredienti riconoscibili e di processi semplici è reale e trasversale a diverse categorie merceologiche. Allo stesso tempo, la tecnologia alimentare ha permesso di sviluppare prodotti che soddisfano esigenze ambientali, etiche e nutrizionali difficilmente ottenibili con soli ingredienti “tradizionali”.

Il successo commerciale di questa strategia dipenderà dalla capacità di bilanciare la purezza degli ingredienti con le prestazioni del prodotto, mantenendo al contempo la coerenza tra messaggio e pratica aziendale. Una sfida non semplice in un mercato in cui le aspettative dei consumatori sono elevate e le contraddizioni si evidenziano rapidamente.

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Loris Tirelli

Socio della società di ricerca Amagi, ha conseguito una laurea in Scienze Politiche alla Cattolica di Milano e una laurea magistrale in Marketing, Consumi e Distribuzione Commerciale presso lo Iulm di Milano.

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