Aia verso l’americanizzazione del pollo: Finger Good ed altro

Avatar photo Daniele Tirelli8 Luglio 2023

Doveva accadere e sta accadendo. Pescando tra i miei ricordi di varie presentazioni alle aziende, alimentari in particolare, mi sovviene una discussione prospettica circa le tendenze future, di circa 20 anni fa.

Mi trovavo a dubitare della diagnosi fatta da una blasonata società di ricerche che inquadrava il consumo di carne di pollo, in un target costituito da persone anziane e da un pubblico infantile, in quanto leggera e dietetica. Già ammaestrato dalle esperienze negli USA e in UK, dove nel tempo avrei assaggiato (in molti casi una sola volta), assieme ai miei figli,  i fast food  di 111 insegne di quick restaurant, prevedevo il riempimento di un “buco” nel mercato, costituito dal “pollo fritto”.

La venuta ritardata in Italia di Kentucky Fried Chicken ha comunque aperto, con notevole successo, la strada ad uno dei cibi “facili”, anytime, anywhere preferiti dagli americani, ma anche dagli inglesi, poi dai francesi ed ora dagli italiani.

In barba, agli esperti, spesso sedicenti tali, che, in linea con un tratto culturale elitario tutto italiano, vogliono educare i connazionali alla disciplina gastronomica, la tendenza prettamente italica all’indisciplina della componente popolare conduce alla formazione di gusti spontanei che non esitano a “prendere” dagli altri,  applicandovi spesso della creatività.

Le novità di AIA , i Chicken Rings  e i Chicken Sticks della linea  Finger Goods, assieme ai classici Nuggets, sono uno step della tendenza descritta, verso cibi semplici, indubbiamente appetitosi, rapidi da preparare come gli elaborati di pollo, appunto.

Come tutte le novità, anche queste nascondono aspetti interessanti per gli osservatori dei comportamenti e delle tendenze di consumo.

Il primo è  un aspetto linguistico, in quanto termini come  finger, good, chicken, stick, ring … appartengono ormai al linguaggio comune, tanto da essere annoverati (tranne chicken) dal dizionario Treccani tra i vocaboli della nostra lingua.

Il secondo aspetto scaturisce dalla morfologia dei “rings” che presuppe un ulteriore adattamento delle tecnologie indistriali esistenti per gli elaborati di pollo, che fosse in grado di ottenere una originale forma circolare, tale da permanere perfettamente nella frittura e nel confezionamento e sino all’atto di consumo, soddisfacendo anche l’estetica dell’alimento.

Il terzo riguarda l’allusione all’altro classico dell’alimentazione popolare americana, ovvero gli “onion ring”.  Va notato che  questi anelli di pollo sono aromatizzati alla cipolla, per dare luogo ad una sorta di simbiosi gustativa, che ne fonde gli aspetti di entrambi.

In conclusione, una novità dell’azienda veronese e una idea di marketing che merita un ragionamento al proposito.

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Daniele Tirelli

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