La ricerca, il sapore e il futuro degli ortaggi… un po’ di cose da sapere.

Avatar photo Marilde Motta24 Giugno 2023

Non ci sono più le zucchine di una volta, non ci sono più le mezze stagioni, non ci sono più i prodotti locali, non ci sono più …. la litania sul passato scomparso potrebbe continuare a snocciolare luoghi comuni insulsi, ma difficili da sradicare. Tutti rivolti a un passato che in realtà era dominato da carestie, pestilenze e inedia.

La svolta che ci ha salvati avviene nella seconda metà dell’800 con la nascita di alcune nuove branche del sapere: biologia, genetica, agraria, meteorologia e altre ancora che nel ‘900 hanno avuto uno sviluppo su vastissima scala.

Scienze che oggi continuano a dare contributi di sostanziale importanza sia per porre rimedio ai problemi di adeguata nutrizione per una popolazione mondiale in crescita continua sia per soddisfare la domanda di mercati evoluti e sempre più volubili. Ne parliamo con Giuseppe Arnesi, General Manager Enza Zaden Italia Srl che fa parte di Enza Zaden azienda olandese di dimensioni internazionali impegnata in 25 Paesi con 45 filiali e centri di ricerca, specializzata in 30 diverse tipologie di ortaggi.

Enza Zaden è stata fondata nel 1938, in questi 85 anni di attività quali sono state le scoperte fondamentali? Quale è stato l’impatto della vostra ricerca sull’agricoltura e l’industria alimentare?
Le innovazioni sono state tante, dal primo cetriolo di tipologia olandese Borja che rivoluzionò la produzione del cetriolo, al pomodoro a grappolo Pitenza che per oltre 15 anni è stato leader nella produzione di pomodoro del bacino mediterraneo e prende il suo nome dal fondatore (PIT + Enza), alle scarole autoimbiancanti, alle varietà di finocchio, radicchio e Pan di zucchero che oggi permettono una produzione estiva, dando disponibilità all’offerta anche durante questo periodo dove prima era impossibile produrre, ai pomodori datterini, al pomodoro giallo, alle melenzane striate e viola, alla rucola, alle baby leaves ecc. Si pensi che le stime ci dicono che ben 480 milioni di persone consumano giornalmente le nostre varietà orticole nel mondo.

Quale è la vostra visione di lungo termine nella ricerca per l’agricoltura considerando che siete un’azienda familiare?
Siamo un’azienda familiare ed è un vantaggio perché siamo concentrati sulla ricerca delle migliori varietà e non distratti da altri business come succede spesso per le multinazionali. La ricerca è stata, è e sarà sempre al primo posto nella nostra azienda. Oggi in percentuale siamo, e non solo nel nostro settore, una delle aziende che investe di più. Oltre il 30% del fatturato e ripeto fatturato viene reinvestito permettendoci così di essere sempre avanti nell‘innovazione e nella risoluzione delle varie problematiche del settore, rimanendo concentrati ed autonomi.

Come incide il cambiamento climatico sulla ricerca relativa a nuove varietà di prodotti?
La crisi climatica con i suoi relativi cambiamenti ha un impatto negativo sulle produzioni e l’accesso al cibo e sulla volatilità dei prezzi alimentari, riducendo la produttività delle piante ed il numero di raccolti in varie zone del mondo. Questi cambiamenti climatici influenzano molto la nostra ricerca, e laddove la genetica prova ad accelerare i tempi di produzione di una varietà, dall’altra parte l’instabilità climatica comporta l’allungamento dei tempi di arrivo di nuove varietà. Questa è una condizione molto sfidante che vedrà coinvolta la nostra azienda nel prossimo futuro.

Lo spreco di cibo è ancora un grave problema, in quali modi la ricerca potrebbe contribuire? Per esempio allungato la vita ai prodotti anche quando vengono conservati fuori dal frigorifero?
É qualcosa già in atto. Era impensabile solo 20 anni fa una shelflife così lunga in molti prodotti: dai frutti alle foglie. Si pensi alla IV gamma dove siamo oramai vicini, solo con le capacità varietali e genetiche, a dare una shelflife di oltre una settimana. Chiaramente tutto deve essere in equilibrio, non si può spingere in un’unica direzione è importante il mix produzione, resistenza, conservabilità, ma nel rispetto del gusto e del mix di sapori e di nutraceutici.

Quando create nuove varietà come le presentate al pubblico per valorizzare le qualità nutrizionali e organolettiche, ma anche per allontanare la paura collegata a una scarsa conoscenza dell’ingegneria genetica?
Noi siamo all’inizio della filiera e siamo i veri innovatori, ma siamo lontani dal consumatore. Una maggiore relazione la stiamo cercando negli ultimi anni. Anche le varie Associazioni di settore si fanno carico di questa comunicazione, anche per smentire luoghi comuni, ma non è facile raggiungere un così vasto e vario numero di utenti. Negli ultimi 10 anni abbiamo lavorato molto sul supporto scientifico e nutrizionale delle nostre varietà, progetti come Cornelio® (https://www.enzazaden.com/it/prodotti-e-servizi/brand-e-soluzioni/cornelio, un peperone dolce 100% italiano caratterizzato da alte percentuali di sostanze organiche salutari come flavonoidi e polifenoli) e Tribelli® (https://www.enzazaden.com/it/prodotti-e-servizi/brand-e-soluzioni/tribelli, peperoni dolci e multicolori a forma di cono) ne sono la dimostrazione. Siamo impegnati anche in altri studi, spesso in partnership con vari istituti e università. Ad esempio con ricerche sui valori nutrizionali e sugli orac [ndr: oxygen radicals absorbance capacity che misura il potere antiossidante degli alimenti] delle indivie, del finocchio e delle cime di rapa tra gli ultimi conclusi.

Quale è il ruolo del packaging nel conservare frutta e verdura? C’è un packaging che considerate ottimale?

Il packaging ha un ruolo importante sul consumatore finale, è il suo primo rapporto visivo e spesso ne è condizionato nell’acquisto a scapito della bontà del prodotto. Ora è un settore in profonda evoluzione sia nelle forme sia nei materiali e, se sul prodotto fresco non ha un ruolo determinante nella conservazione, al contrario nella IV gamma ha un ruolo estremante attivo con i processi di raffreddamento, lavaggio ecc. cosi come è attivo nel prodotto trasformato. Nella nostra attività qualche volta è capitato di studiare un packaging ad hoc insieme al trade, ma non è una costante, non potrebbe esserlo noi dobbiamo stare sul nostro core business.

L’appetibilità estetica che ruolo ha per il consumatore finale e per i professionisti del canale?
L’appetibilità estetica (sapore, aroma, colore, consistenza) è fondamentale. Dovremmo essere sempre capaci di dare il giusto mix, come dicevo sopra, alle nostre varietà e quindi al prodotto che ne deriva. Per noi è una priorità e penso lo dovrebbe essere per tutti i professionisti del settore. Per il consumatore è un must, ha questo come priorità e lo dobbiamo ingaggiare su questo. Pensi al melone che è un prodotto che spesso non lo soddisfa e per il quale si è avuto sempre più un calo nella domanda, o al ciliegino che spesso non ha il mix giusto perché ci si è spinti molto nel dare grande shelflife. Solo l’equilibrio di tutte le caratteristiche può dare il giusto mix.

Ma, aggiungiamo noi, i consumatori dovrebbero avere più fiducia in ricerca e innovazione, più curiosità e disponibilità a provare le novità.

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